Francesco Totti

(Gazzetta dello Sport – G. L. Pasini) Inizia con lo sguardo basso del bravo ragazzo che un po’ si vergogna a raccontare di quando aiuta gli altri e finisce raccontando le sue paure di uomo-dirigente che ha lasciato il calcio giocato. In mezzo Francesco Totti con il suo ingresso nella “Academy Laureus”, gli Oscar dello sport mondiale. “La Roma? Si rialzerà, prima in Champions League e poi in campionato. In fondo venivamo da tre vittorie consecutive in campionato, poi c’è stato il mezzo passo falso in Champions con lo Shakhtar e la sconfitta con il Milan. Però onestamente non mi pare una situazione così critica. Si possono dare tutti i consigli che vogliamo, ma poi alla fine in campo vanno i giocatori e sono loro che devono venire fuori da questa situazione. Non c’è un’altra strada che quella di stare tutti uniti: tecnico, squadra, società e dare il massimo appoggio. Cercando allo stesso tempo di tenere fuori tutte le voci che si sentono intorno. Soprattutto in una piazza come quella di Roma dove tutto diventa più difficile e complicato. Ma questa è una squadra che ha le forze e i giocatori per uscire da un momento di difficoltà e inseguire un posto in Champions. Di Francesco non penso che sia in discussione, non mi risulta che Monchi sia andato a parlare con Pallotta a Boston dell’allenatore. Avevano altri argomenti. Abbiamo una rosa con 14-15 nazionali che può fare bene. Nell’arco di una stagione gli alti e bassi possono esserci e a Roma queste situazioni spuntano all’improvviso, quando meno te lo aspetti. Dzeko tornerà a segnare, ci sta un momento di flessione ma lui i gol li ha sempre fatti. Nainggolan? Vuole restare alla Roma a vita, sono contento che abbia questa idea. Vuol dire che considera questa piazza non come un trampolino di lancio, ma come un punto di arrivo. E che pensa che qui si possa vincere qualcosa di importante”. Poi una domanda sul cambio di guida tecnica, da Spalletti a Di Francesco. “Dell’allenatore di prima però non parlo più. Per me è un capitolo chiuso. Penso a Eusebio che farà grande questa squadra. Io allenatore? No. Sto imparando al fianco di Monchi, in futuro mi vedo come direttore tecnico. Lo scudetto? Fra Napoli e Juve dico Napoli. Così una volta ogni 20 anni fa bene che vinca anche qualcun altro (sorride). Il derby di Milano? Lo vince l’Inter perché è la squadra più forte. Il Milan? Mi pare difficile possa rientrare nel discorso Champions, davanti ha tre concorrenti. Il Mondiale? Dico Brasile, solo perché non c’è l’Italia. Mi piace il suo gioco, poi se la vedrà con i soliti noti”. Sull’azzurro: “Spero che torni al posto che gli compete: fra le prime al mondo”. Buffon di nuovo in Nazionale? “Era una cosa che doveva stabilire lui. Se lo ha fatto vuole dire che si sentiva. In Italia è così, quando hai 37-38 anni diventi inutile. Pensano che tu non serva più. Quindi anche lui appena fa un errore gli dicono che è finito. Invece gli basta fare due parate e torna a essere Buffon”. Su se stesso. “Ho paura della vita. Ho paura del futuro. Cosa mi manca? Mi mancano le cose semplici: mettere gli scarpini, le partite. I rituali dello spogliatoio, le cene con i compagni. Tutto quello che è stata la mia vita rettangolare in questi anni”.



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