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Non mi arrendo

“Non mi arrendo”, continua la campagna d’informazione: la macchina della diffamazione organizzata

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ULTIME NOTIZIE NON MI ARRENDO DIFFAMAZIONE ORGANIZZATA – L’odio online non nasce quasi mai in modo spontaneo. Dietro a molte campagne di diffamazione si nasconde una regia ben precisa, fatta di account falsi, coordinamento e strategie mirate a colpire la vittima su più fronti. Questa macchina della diffamazione non agisce mai per caso: è pianificata per distruggere la credibilità, isolare socialmente e logorare psicologicamente.

3.2 Come nasce una campagna di odio

Ogni campagna di diffamazione segue un percorso ricorrente:

  1. Identificazione della vittima
    Si sceglie un bersaglio: spesso una persona esposta pubblicamente, che non ha alle spalle grandi mezzi di difesa.
  2. Creazione della narrativa tossica
    Si inventa una storia o si distorce un fatto reale. La menzogna diventa il fulcro attorno a cui costruire gli attacchi.
  3. Diffusione iniziale
    Alcuni account (spesso falsi o anonimi) iniziano a rilanciare la narrativa tossica.
  4. Amplificazione coordinata
    La menzogna viene condivisa da decine o centinaia di account, moltiplicando l’effetto e dando l’impressione che “tutti ne parlino”.
  5. Normalizzazione del falso
    Ripetendo più volte la stessa accusa, anche senza prove, molti iniziano a crederci.

3.3 Gli strumenti della diffamazione

Chi orchestra una campagna di odio usa tecniche precise:

  • Meme e fotomontaggi: immagini manipolate per ridicolizzare o infangare.
  • Hashtag coordinati: per rendere virali le accuse.
  • Fake news costruite ad arte: contenuti apparentemente “giornalistici”, ma basati su falsità.
  • Commenti a catena: decine di account che ripetono lo stesso insulto per creare un effetto valanga.
  • Minacce velate: frasi che instillano paura senza essere esplicitamente denunciabili.

3.4 Perché funziona

Il segreto della macchina della diffamazione è la ripetizione e la simultaneità. Quando la stessa menzogna viene ripetuta da più account nello stesso momento, il pubblico tende a darle credibilità. È un meccanismo psicologico noto come effetto verità illusoria: più una bugia viene ripetuta, più appare vera.

3.5 L’effetto domino sulla vita della vittima

Una campagna di diffamazione non resta mai confinata allo schermo.
Ecco cosa accade, passo dopo passo:

  • La reputazione della vittima viene danneggiata.
  • Persone prima neutrali iniziano a diffidare di lei.
  • L’isolamento sociale aumenta.
  • La vittima passa da “giornalista scomodo” a “personaggio discusso”.
  • Il suo lavoro perde credibilità, e con essa anche il sostegno economico e professionale.

3.6 Il mio caso personale

Dal 2018, io stesso sono stato bersaglio di una macchina della diffamazione organizzata. Gli account Moussolinho e LogikSEO sono stati i principali artefici di questa strategia. Non si sono limitati a insultarmi: hanno creato una narrativa tossica continua per dipingermi come una persona inaffidabile, screditando non solo me, ma anche la mia famiglia e il mio lavoro giornalistico con Romagiallorossa.it. Hanno orchestrato campagne in cui decine di account rilanciavano le stesse menzogne, dando l’impressione che fossero “voci diffuse” e non attacchi mirati. Il loro obiettivo era chiaro: distruggere la mia immagine pubblica, isolarmi e farmi cedere. Il culmine di questa macchina è arrivato con la fake news del 14 luglio 2024, quando sono stato falsamente accusato di aver attentato alla vita di Donald Trump. Quella menzogna, costruita e diffusa con precisione chirurgica, ha dimostrato fino a che punto può arrivare una campagna di odio quando è coordinata.

3.7 Conclusione

La macchina della diffamazione non è improvvisazione: è una vera e propria arma digitale, che sfrutta la potenza dei social per annientare una persona.
Capire come funziona è essenziale per imparare a riconoscerla e, soprattutto, a difendersi. Nel prossimo capitolo racconterò come questa macchina, nata online, sia entrata violentemente nella mia vita reale, trasformando le minacce virtuali in appostamenti sotto casa e violazioni della mia privacy.

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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