I tifosi della Roma erano tutti lì, appesi alle labbra del numero uno giallorosso piombato d’Oltreoceano con un nuovo carico di certezze: «Non vendiamo nessuno» aveva sentenziato non appena messo piede a Roma dopo un breve blitz a Londra in compagnia di «vecchi amici». Ma già qualche dubbio era filtrato tra i più «svegli», quando il tycoon bostoniano aveva negato noie economiche relative all’ormai noto Fair Play finanziario imposto dalla Uefa: ricordate la data del 30 giugno?

E a suonar male era soprattutto la distonia tra quanto trapelava dalle stanze dei bottoni di Trigoria (c’era semmai il problema di quale giocatore vendere, a che cifra e a chi…) e quanto detto dal numero uno una volta arrivato in città. Non a caso il fulmine Pjanic è arrivato tutt’altro che a ciel sereno. Dice: ma Pjanic è stato venduto perché si è rotto Rudiger. In parte forse è vero, ma se il centrale tedesco non avesse avuto il problema al crociato, il suo passaggio al Chelsea era di fatto già deciso. Quindi altro che «non parte nessuno»: perchè Rudiger visto il campionato da poco concluso, non si può certo considerare un signor nessuno (titolare sempre o quasi).

Ora, il problema non è tanto (anche se in realtà lo è eccome) il fatto che la Roma sia costretta a vendere un giocatore «pesante», un top player come Pjanic, quanto la volontà di negarlo sfacciatamente salvo poi essere smentiti dai fatti 48 ore dopo. Eppoi, sì, si può anche vendere un giocatore così forte, ma farlo alla Juventus sembra davvero l’ennesimo harakiri. Ci risulta che più di un top club estero era interessato al calciatore, eppure si è scelta la Juventus: che fretta c’era? O fosse allora era vera anche la storia del 30 giugno?

Infine appare un tardivo il «no comment» dietro al quale si è celato Pallotta dopo l’«operazione» Pjanic. Perché a volte, se non si vuole perdere credibilità e la stima dei propri supporter, clausola o non clausola, forse sarebbe meglio stare zitti: da subito.

(Il Tempo – T. Carmellini)



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