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Editoriale

Lacrime sotto la Curva Sud: l’addio forzato di Bove e l’errore imperdonabile del “Mago di Ostia”

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AS ROMA NEWS BOVE – Ci sono immagini che valgono più di mille parole. E quella di Edoardo Bove, in lacrime sotto la Curva Sud, abbracciato da un Olimpico intero, è una di quelle destinate a restare nella memoria collettiva dei tifosi romanisti — e non solo. Un momento di verità, di amore, ma anche di rabbia repressa, che riporta inevitabilmente a una scelta sbagliata: quella di Daniele De Rossi, il cosiddetto “Mago di Ostia”, che lo scorso agosto disse a Bove: “Non mi servi”.

Un errore umano? Forse. Ma imperdonabile, se si guarda a cosa rappresenta davvero Edoardo Bove per Roma. Figlio della città, della sua gente, cresciuto a Trigoria, romano e romanista come pochi, con la grinta di chi vive il calcio con il cuore prima che con i piedi. Un ragazzo che non si compra e non si costruisce: si ama, e basta.

La frase che ha spezzato un legame

La scelta di escluderlo dal progetto tecnico, liquidandolo con quella frase gelida, ha frantumato in un attimo un rapporto profondo tra un ragazzo e il suo sogno. L’approdo alla Fiorentina, la volontà di rilanciarsi, la stagione che avrebbe dovuto consacrarlo, poi il tremendo malore a dicembre. Ma la verità è che Edo non se n’è mai andato davvero: la Roma è casa sua, e i romanisti non lo hanno mai dimenticato.

Uno stadio in lacrime

Domenica, a fine partita, è successo qualcosa di raro. Tutto lo stadio Olimpico si è alzato in piedi per Edoardo Bove. Gli striscioni, i cori, l’abbraccio dei compagni — anche di chi oggi indossa una maglia diversa — hanno reso giustizia a ciò che Daniele De Rossi non aveva capito: Bove non è solo un calciatore, è un simbolo. Ed è proprio questa cecità a pesare oggi come una colpa.

Come si sarà sentito il “Santone di Ostia” nel vedere uno stadio intero piangere con Edo? Come avrà giustificato a sé stesso quella decisione, ora che persino chi non tifa Roma è rimasto toccato da quell’emozione collettiva?

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Non solo Bove: un pattern discutibile

Non è la prima volta che DDR ha preso decisioni discutibili. Prima ancora era toccato a José Mourinho, allontanato nel nome di un’idea di calcio diversa, forse più “aziendale” che passionale. Poi è toccato a Dybala, messo ai margini prima di riconoscerne l’essenzialità nel progetto Roma grazie a Ranieri. Infine, Bove, sacrificato in nome di equilibri che si sono rotti lo stesso.

E per fortuna che poi è arrivato Claudio Ranieri, il vero uomo di Roma, a rimettere le cose a posto. Senza fronzoli, con il buonsenso di chi conosce il calcio ma soprattutto la piazza, l’anima della Capitale, e la sua gente.

Morale?

La Roma non è solo un club. È una fede, una famiglia, un senso di appartenenza. Chi la guida deve capirlo, prima ancora che allenare. Edoardo Bove rappresenta tutto questo. E il suo pianto di domenica, sotto una curva che lo ha amato, perso e poi ritrovato, è stata una lezione per chi ha voluto voltargli le spalle. Chiaro, Santone di Ostia?

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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