Gerson

Gerson, centrocampista della Roma, ha rilasciato un’intervista a Ultimouomo.com parlando della sfida contro il Barcellona:

La sua infanzia non è stata facile…
Ho avuto un’infanzia difficile: in famiglia siamo in quattro, oltre a me ci sono altri tre fratelli, soltanto mio padre lavorava e qualche volta capitava che mancasse da mangiare. Quello che non mancava mai erano i fagioli. Ero triste della situazione perché volevo aiutare e non lo potevo fare.

Una storia simile a molte altre già sentite…
I miei amici dell’infanzia sono quasi tutti finiti nel giro della criminalità o in carcere, dove sono cresciuto io. E chissà io cosa avrei fatto. Io ho sempre avuto la testa sulle spalle, non credo che avrei fatto quella fine, anche se a volte le circostanze della vita sono imprevedibili.

Qual è il giorno in cui è cambiato tutto?
Eravamo in casa e c’era una bottiglia d’acqua sul tavolo… ad un certo punto è caduta, e io l’ho calciata al volo. Mio padre era lì con me e ha intravisto del talento. Da quel momento si è convinto che io sarei diventato un calciatore. Nessuno gli dava credito, lui è stato l’unico a crederci.

Il trasferimento alla Roma?
È stato tutto davvero fulmineo. È stato veloce, ma è stata anche la realizzazione di un sogno. Quando si è nel settore giovanile in Brasile si parla tra ragazzi e il sogno di tutti è quello di arrivare in Europa. Ma bisogna essere preparati anche mentalmente per fare questo salto.

La maglietta regalata da Sabatini con il numero 10 di Totti?
Era un regalo di cui ero felice, abbiamo fatto una foto: per me non c’era nient’altro. Poi c’è sempre qualcuno pronto a polemizzare, a interpretare le cose in maniera negativa. Però dal mio punto di vista e dal punto di vista delle persone che erano lì era un semplice regalo, una bella maglia.

Totti?
Arrivato a Roma ho avuto subito la fortuna e il privilegio di allenarmi al fianco di Totti e di assistere in prima persona al suo addio al calcio. È un ricordo che conserverò per sempre. È stato incredibilmente emozionante.

Lo scorso anno sei stato vicino al trasferimento in prestito al Lille…
Il club all’inizio aveva la percezione che avevo anche io: cioè di non essere ancora pronto per il calcio italiano e il calcio europeo. E riteneva fosse una buona idea quella di cedermi in prestito per fare esperienza. Mi rendevo conto che mi mancava ancora qualcosa però volevo restare nel club, volevo imparare ciò che mi mancava qui. Su questo ho insistito molto, fino alla fine, perché sapevo che dovevo migliorare, ma non volevo lasciare il club.

Spalletti pochi mesi prima di fece giocare da titolare contro la Juventus…
Contro la Juventus effettivamente rimasi un po’ sorpreso perché era un periodo in cui non stavo giocando ed era una partita importantissima. In quella circostanza mancò un po’ di preparazione mentale da parte mia. A partire da quella partita, sono venuti fuori molti dubbi su quello che era il mio gioco.

Quel periodo è stato il più difficile?
Dopo quella partita con la Juventus sono stato massacrato. Poi si parlò di un possibile prestito al Lille. Ci sono state un po’ di situazioni che mi hanno lasciato un po’ triste, abbattuto.

A quale giocatore ti ispiri oggi, chi è il tuo modello?
Da quando ho messe piede qui, Nainggolan ha sempre cercato di aiutarmi, mi piace parlare con lui e davvero lo ammiro per come interpreta il calcio, per come va in campo. Ha una grinta, una forza e un carattere straordinario, a volte gioca anche in condizioni fisiche non perfette tanto è forte il suo desiderio di aiutare la squadra. Lo guardo e spero di potermi avvicinare a quel tipo di giocatore.

Che cosa ti manca per diventare come Nainggolan?
Non devo migliorare un singolo aspetto: la velocità, la forza, il tiro. Devo concentrarmi per migliorare tutte queste cose insieme. Tutti i calciatori devono avere nella propria testa la volontà di migliorare, di imparare qualcosa sempre. Questo vale per tutti, anche per Messi, Cristiano Ronaldo, Neymar, per i migliori giocatori del mondo: puoi fare sempre qualcosa per migliorarti. Questo vale ad ogni età: a 20 anni come a 40.

Tra pochi giorni andrete a Barcellona per giocare i quarti di finale di Champions League. Come ci si sente a pensare di poter giocare una partita del genere, contro una squadra del genere e contro Messi?
Giocare al Camp Nou è un sogno. Il Barcellona è una delle migliori squadre del mondo. Andiamo lì per giocarci le nostre possibilità, per cercare di qualificarci. Sappiamo che sarà una partita difficile, ma lo sarà anche per loro. Anche incontrare Messi è uno dei sogni che avevo. Ma ne ho molti altri ancora da realizzare.



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