Paulo Fonseca

AS ROMA NEWS FONSECA – Paulo Fonseca si racconta. In un’intervista a RMC Sport, l’attuale allenatore del Lille ha ripercorso la sua carriera da giocatore e ovviamente da tecnico.

Prima di firmare per il Lille, eri vicino al Tottenham. Cosa è successo?
“Dopo la mia partenza dalla Roma c’era l’accordo quasi definitivo, era chiusa. Ma c’è stato l’arrivo di un nuovo direttore generale che ha optato per un altro allenatore. È stato fatto tutto all’ultimo momento, ma questo è il calcio. È una questione di scelte”.

In Portogallo, LaLiga, la Premier League e la Serie A sono molto pubblicizzate; la Ligue 1 molto meno. Cosa ti ha sorpreso di più dal tuo arrivo in Francia?
“Molte cose. Innanzitutto devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla qualità del gioco, le squadre si affrontano a viso aperto e c’è una grande incertezza nei risultati; poi ci sono tanti, tantissimi bravi giocatori in questo campionato, soprattutto giovani. E mi piacciono molto gli stadi, l’atmosfera e il modo in cui le persone vivono le partite. E poi c’è una cosa di cui non abbiamo mai parlato e che mi è piaciuta molto: l’arbitraggio. La qualità e il livello degli arbitri in Francia è stata una sorpresa molto piacevole”.

Chi vince ha sempre ragione o no?
Non sono affatto un risultatista. Per me non si tratta solo di vincere, ma di come si vince. A volte perdo e torno a casa tranquillo, a volte vinco e torno a casa preoccupato. Tutto dipende da cosa è successo durante la partita, se abbiamo giocato bene, se abbiamo fatto la nostra partita… Non sono per niente un risultatista e il giorno in cui mi sono sentirò tale lascerò il calcio, perché non è il mio modo di vivere questa professione”.

Mourinho ti ha ispirato molto quando hai iniziato ad allenare negli anni 2000. In quale aspetto lo ha fatto, precisamente?
“Mourinho ha rotto con il tradizionalismo che esisteva nel calcio portoghese all’epoca. È stata una boccata d’aria fresca. Soprattutto, era la sua leadership, il modo appassionato con cui guidava le sue squadre”.

Il Portogallo è il paese degli “allenatori-insegnanti”. Anche tu ti consideri un po’ in questo modo?
“Non mi vedo come tale. È vero che la nostra scuola per allenatori ha avuto molto successo. Ed è da sottolineare che noi, come piccolo paese, con così pochi mezzi, riusciamo ad avere tanti bravi allenatori e giocatori. Mi vedo più come un allenatore portoghese che ha deciso di rischiare una carriera fuori dai suoi confini e che ha avuto il piacere di allenare nei migliori campionati, in Italia e ora in Francia. So che al momento abbiamo pochi allenatori nei massimi campionati – se non dimentico qualcuno, abbiamo Mourinho, Marco Silva e Carlos Carvalhal. Spero che la nostra scuola continui a formare buoni allenatori in modo da essere ancora più numerosi nei migliori campionati. Perché penso che abbiamo qualità”.



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