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Contratti sportivi più lunghi: in Italia massimo a 8 anni, svolta per i bilanci dei club

CALCIOMERCATO AS ROMA CONTRATTI – Il Consiglio dei Ministri ha riscritto le regole del lavoro sportivo professionistico: d’ora in poi i club potranno stipulare contratti fino a otto anni, superando il precedente limite quinquennale. La novità, rivelata da Il Corriere dello Sport, apre scenari inediti per un calcio italiano alle prese con la necessità di rendere sostenibili i propri conti.
Allungare la durata massima dei contratti significa innanzitutto spalmarne il costo su un periodo più ampio: l’ammortamento dei cartellini si potrà distribuire su otto esercizi anziché cinque, alleggerendo il peso annuale a bilancio. Una boccata d’ossigeno per società frequentemente in equilibrio precario tra investimenti sul mercato e rigidità dei parametri economico‐finanziari.
Resta però una soglia invalicabile: in ambito UEFA, l’attuale Fair Play Finanziario continua a fissare a cinque anni il tetto per la ripartizione contabile degli ammortamenti. In altre parole, un club italiano potrà iscrivere in rosa un giocatore con contratto fino al 2033, ma per le verifiche europee dovrà comunque calcolare la quota di ammortamento nell’arco di cinque stagioni.
La modifica varata dal Governo avvicina l’Italia agli standard già in vigore in Inghilterra, dove molti top club hanno siglato accordi pluriennali (otto e più anni) per diluire i costi dei trasferimenti record. Per la Serie A, alle prese con la doppia sfida della competitività sportiva e della solidità finanziaria, si tratta di un’opportunità da sfruttare con cautela: prolungare i contratti garantirà maggior patrimonializzazione degli asset tecnici, ma imporrà anche un’attenta gestione del rischio legato a ingaggi e rendimento dei calciatori sul lungo periodo.
In vista della prossima sessione di mercato, l’impatto potrebbe essere immediato: accordi ultraquinquennali per giovani di prospettiva, maggiore margine di manovra per operazioni onerose e la possibilità di blindare i giocatori più richiesti spalmando il costo complessivo. Ma c’è anche la necessità di non sottovalutare l’effetto scacchiera con i regolamenti UEFA, per evitare discrepanze che possano generare sanzioni in sede europea.
La riforma, insomma, segna una svolta nella gestione economica dei club italiani, offrendo più flessibilità ma anche nuove responsabilità. Sarà compito delle società trovare l’equilibrio fra l’indubbio vantaggio contabile e la sostenibilità sportiva, in un contesto in cui ogni scelta contrattuale pesa non solo sul presente, ma anche sul futuro competitivo oltre i confini nazionali.
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