totti spalletti

Lo strano caso del signor Totti e del dottor Spalletti alla fine è tutto qui, una simbiosi antagonista, un intrico di reciproche delusioni. Comincia con quattro colpi di tacco e non finisce ancora perché probabilmente i due hanno bisogno l’uno dell’altro. Per sentirsi vivaci, per nascondersi dal crepuscolo che per entrambi è lontano ma forse tinge l’orizzonte dei pensieri. Di sicuro Luciano Spalletti ha bisogno di Francesco Totti, comunque: l’ha detto ieri, se non c’è lui non ci sono io, e lo prendiamo in parola.

FRASI – Cominciò con quattro colpi di tacco. Li fece Totti contro la Juventus, nel 2009. La Juventus nel frattempo segnò tre gol. Non fu colpa di Totti, che centrò pure un palo, ma era agosto, la stagione già si metteva male e Spalletti stava cullando idee di dimissioni. Le cullò talmente che poi quelle idee crebbero e divennero adulte. Si lamentò che mentre i centravanti della Juve diventavano all’occorrenza terzini la Roma pensava ai colpi di tacco. Ovviamente una frase simile con Totti intorno equivale a chiedere a casa di Giotto quale sia lo scopo di tutti quei pennelli. In seguito Totti raccontò che ormai Spalletti aveva perso il contatto con il gruppo e in seguito ancora il tecnico rispose a un complimento istituzionale da parte del capitano: avrei preferito che parlasse meno quando ho lasciato. Sono andati avanti così, a scivolare sulle parole, a inciampare negli sguardi, a tentare di occupare lo stesso spazio e lo stesso tempo senza piantarsi gomiti negli occhi. Non è semplice perché Totti ha preso possesso della storia della Roma e Spalletti nella teoria programmatica della perfetta squadra di calcio ricopre il ruolo di comandante superiore. Con i diritti del caso ma pure con i doveri, come gli aveva ricordato già nel 2008 De Rossi quando il tecnico era andato a Londra per parlare con il Chelsea e il capitano in seconda della Roma glielo rinfacciò in diretta Tv. Così sono passati gli anni, la lontananza ha attenuato la tensione e ha annacquato i ricordi sgradevoli. Siamo abbastanza nevrotici da non saper vivere senza rancori e senza nemesi personali, tuttavia. E i ricordi non si sciolgono, scompaiono sotto la superficie della coscienza, basta un nulla per farli risalire a galla. Basta rivedersi. Spalletti è tornato alla Roma a metà dello scorso campionato con la sua concezione del calcio chiara e netta nella testa lucida. Finché Totti era in convalescenza bene, però esistono inconvenienti come la guarigione. E’ arrivato un derby e Spalletti ha paragonato Totti a un telecronista in pensione dalla voce splendida ma forse arrugginita. E Totti ha aspettato, ha incassato omaggi alla memoria come i quattro minuti contro il Real Madrid e alla fine si è sfogato, chiedendo rispetto. Magari voleva dire chiarezza, magari proprio rispetto.

RIMPROVERI – Spalletti gli ha riservato la punizione massima che un regolamento interno possa prevedere: l’esclusione dal ritiro della squadra. Era febbraio, brillava un sole assonnato e calava il gelo negli animi di tutti. Compreso in quello del presidente James Pallotta, stufo a sua volta di sentire nominare Totti e la Roma, la Roma e Totti come un tutto unico e indivisibile. Eppure il tempo dà nella stessa misura in cui toglie, costruisce quanto logora. Il fiato corto della squadra viene prorogato da Totti, sempre più guarito e sempre più se stesso. Da aprile a maggio è il periodo dei quattro gol e dei due assist, della partita con il Torino rovesciata dal capitano in quattro minuti. Il cuore di Spalletti s’indurisce e quello di Totti di pari passo. Quello urla negli spogliatoi, questo ribatte, quello rimprovera partite a carte notturne, questo non regge più e lascia capire che se ne andrà a giocare altrove. E chissà se non è proprio il modo migliore di farli funzionare insieme, tenerli vicino come la miccia e la polvere. Perché poi il campionato è ricominciato con le medesime incomprensioni. Spalletti che ripete come la Roma non possa essere solo Totti, Totti che si risente e poi o prima quando c’è bisogno, come con la Sampdoria, l’allenatore chiama, il giocatore risponde. Dimenticando quanto è stato fatto e quanto è stato detto. C’è solo la Roma, sostiene Spalletti, e almeno su questo Totti sarà sempre d’accordo.

(Corriere dello Sport – M. Evangelisti)

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