Tiago Pinto

AS ROMA NEWS CONFERENZA TIAGO PINTO«La Champions è la nostra ambizione». Quaranta minuti di sorrisi, spiegazioni e precisazioni – volte a rimarcare soprattutto come non ci sia «nessuno scontro tra me e Mourinho» – ma senza la possibilità/volontà di nascondersi, scrive Il Messaggero. Con tutte le cautele del caso (probabilmente memore della replica dello scorso anno di José ad un input simile: «Pinto parla di Champions? Problema suo», disse lo Special), il gm, con garbo, getta la maschera: «Dal primo giorno che sono arrivato qui, ho capito che questa è l’ambizione primaria per questa squadra. Lo è per la proprietà e lo è anche per me. Dopo se arriveremo o meno tra le prime quattro è un altro tema. Se siamo obbligati? Sono parole che non uso. Quando però vado a prendere giocatori come Wijnaldum, Dybala, Lukaku, Aouar e Abraham devo dirgli qualcosa. Sicuramente loro vengono per lottare per obiettivi importanti».

Uno slalom linguistico volto a fissare dei paletti stagionali. La Champions, all’alba del nuovo format che garantirà più partite e più soldi, è l’obiettivo. Da non fallire. E il prestito annuale di Lukaku («L’intervento dell’allenatore e della proprietà è stata fondamentale», ammette), costato come l’operazione Marcos Leonardo, rimandata a gennaio, è lì a confermarlo. Una possibilità, il belga, che la Roma e il gm sono stati bravi a cogliere.

«Sono un uomo molto fortunato», ride Tiago. Ha ragione. Se il Santos avesse dato l’ok al trasferimento del brasiliano (o se uno tra Bologna e Atalanta avessero accettato la proposta per Arnautovic o Zapata), non ci sarebbe stato lo spazio per l’all-in last-minute su Romelu. Che cambia radicalmente giudizi, opinioni e obiettivi stagionali: «A Roma non ci sono vie di mezzo – conferma il dirigente portoghese – Quando ho preso Azmoun, su instagram mi hanno insultato. Poi all’arrivo di Lukaku, sono diventato un eroe». Il gm converrà che si tratta di due profili diversi. A tal punto che l’iraniano (e Kristensen) è già stato sacrificato nelle liste europee per le restrizioni dovute al transfer balance.

Nonostante Pinto sorrida e si sforzi di apparire sereno – «L’avvio difficile in campionato? Non siamo contenti della situazione ma non c’è motivo di panico, state tranquilli» – si avverte come la stagione appena iniziata sia quella del redde rationem. Sia lui che Mourinho sono in scadenza di contratto e l’inevitabile domanda sul futuro di entrambi è l’unico momento nel quale si irrigidisce: «Sono qui per parlare di altro. I rinnovi sono temi importanti, che sono trattati nel modo e nelle sedi giuste, internamente e non pubblicamente». Capita, poi, nonostante l’attenzione quasi maniacale di non pestare i piedi al connazionale in panchina, di lasciar intendere come ora dipenderà da Mourinho e dalla squadra: «Ho sempre detto che il mercato è il 20-30% del successo sportivo, il lavoro quotidiano è molto più importante. Da quando i Friedkin hanno preso il club hanno fatto investimenti importanti per farlo evolvere. Se facciamo il paragone di chi è andato via e di chi è arrivato, secondo me la squadra è meglio, abbiamo più soluzioni e alternative. Siamo più forti. La squadra deve essere un riflesso di questa strategia, ambizione e motivazione più delle interviste e delle parole. Dobbiamo mettere i fatti».

Gira intorno alla questione, provando a nominarla il meno possibile, ma alla fine la stella cometa rimane sempre la Champions. Si assume la responsabilità di Renato Sanches («Tutto quello che succederà con lui sarà merito o colpa mia. Io sono fissato per Renato, lo volevo portare anche al Benfica. Come giocatore mi fa impazzire») e non glissa, pur non calcando la mano, nemmeno sulla questione arbitrale: «Non voglio fare guerre o polemiche. Dobbiamo sentire quello che dicono i direttori di gara, ma loro devono sentire anche quello che diciamo noi. Io onestamente ho un po’ smesso, perché non riesco a capire la differenza tra Zaniolo a Napoli e Rui Patricio contro il Milan. Non è una critica, ma non capisco l’uniformità di giudizio».

Passerella finale sulle restrizioni Uefa: «Ci siamo mossi su tre piani. Quello tecnico, volendo fare una squadra migliore della stagione scorsa. Poi c’è il piano economico e c’è un settlement agreement dove in due anni dobbiamo spendere per la squadra il 70% dei ricavi. Infine c’è quello strategico: per uscire da questa situazione con il financial fair play è importante prendere giocatori giovani, con prospettiva futura, per avere risultati sportivi ed economici. Abbiamo preso N’Dicka e Aouar, due under 25 con centinaia di partite in competizioni importanti». Il prossimo è già prenotato: Marcos Leonardo.



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