Francesco Totti, Capitano della Roma

Capitano delta squadra di Telefono Azzurro. Francesco Totti, II “capitano” per antonomasia della Roma, ha preso mono seriamente il compito di guidare il team di personaggi famosi ingaggiati dall’organizzino presieduta da Ernesto Caffo per scendere in campo contro i bulli di tutta Italia. Cosi, mentre la campagna social promossa sotto l’hashtag #NonStiamoZitti prosegue, il campione romano ha risposto (in un calendario fitto di allenamenti e partite) — via email — alle domande di Sette. Per spiegare come e perché ritenga importante vincere la partita contra le prepotenze dei bambini versa gli altri bambini.

Che cosa l’ha convinta a diventare testimonial in questa particolare battaglia, rispetto ad altre?
«E’, senza dubbio uno del comportamenti sociali da combattere. Non è tollerabile che al giorno d’oggi ci siano ancora persone che debbano subire delle forme di violenza, che siano queste fisiche o mentali».

Ritiene che il mondo dello sport stia facendo abbastanza per sensibilizzare I ragazzi a combattere in prepotenza?
«Non si fa mai troppo finché un problema non viene risolto del tutto. E bene che noi calciatori diamo l’esempio in ogni partita rispettando compagni e avversari».

Da ragazzo, lei ha mai vissuto qualche alto di normale bullismo? Oppure ne è stato testimone, magari nei confronti di qualche sua compagno di squadra o di scuola? Come ha reagito?
«Fortunatamente no, non ho mai subito atti di bullismo se non qualche sfottò di troppo da parte dei tifosi di altre squadre, ma una volta già grande».

In generale, il mondo del calcio giovanile è stato spesso criticato per non avere particolari attenzioni nei confronti del bisogni emotivi dei ragazzi: molti episodi di cronaca raccontano degli stessi genitori che spronano i propri figli a un comportamento poco sportivo. Le sembra che sia davvero cosi, ancora? E cosa suggerisce a questi genitori e ai responsabili delle squadre giovanili?
«Credo sia giusto prestare attenzione ai comportamenti e ai discorsi che si fanno ai ragazzi. E’ importante trasmettere loro i valori dello sport piuttosto che la necessità di emergere per arrivare facilmente ai soldi e al successo. Grazie a mio figlio, che gioca nel settore giovanile della Roma, ho potuto constatare quanta la mia società presti attenzione a come trasferire i giusti messaggi ai ragazzi».

Ma anche in campo, in serie A, esiste una forma di “bullismo”?
«Può succedere che si discuta in campo con un avversario ma non lo si fa quasi mai con lo scopo di ferire bensì con l’idea di destabilizzare momentaneamente l’avversario».

Ormai l’età per essere bulli e vittime dei bulli è sempre più bassa. I suoi due figli più grandi hanno 11 e 9 anni: lei e sua moglie Ilary come parlate loro del problema del bullismo?
«Io e mia moglie prestiamo molta attenzione e parliamo spesso con i nostri figli per cercare soprattutto di anticipare ogni genere di problema, compreso quello del bullismo».

Che cosa farebbe se uno del suoi figli tornasse a rasa dicendo: papa, mi hanno ”bulIizzato?
«Ci parlerei, lo ascolterei. Proverei a trasmettergli la serenità necessaria per affrontare il problema».

E se invece le confessasse di essere un bullo?
«Cercherei di fargli capire the e in errore. Lo ascolterei e ci parlerei a lungo, provando a farlo ragionare il più possibile. Ovviamente, gli farei chiedere scusa al compagno a cui avrebbe mancato di rispetto».

Parlando in famiglia, fra amici e con i colleghi calciatori che spesso hanno figli dell’età dei vostri, le sembra che oggi ci sia una certa consapevolezza net mondo del genitori della gravità di questo problema o che sia stato sottovalutato?
«In realtà il rispetto verso i compagni, sia su un campo di calcio, sia nella vita di tutti i giorni, per fortuna è un concetto assimilato da tante famiglie».

Gli esperti suggeriscono di stare attenti a diversi segnali per capire se i propri figli sono vittime del bullismo. Ma forse anche i genitori del bulli dovrebbero stare attenti per primi a individuare comportamenti impropri dei figli. Che cosa scatta, secondo lei, nella testa di un bullo? E come si pub rare a fermarli?
«Non è facile rispondere a queste domande perché, molto spesso, finché non ci si trova dentro al problema tutto può risultare semplice, se non addirittura banale. Ovviamente, da parte del genitore, esiste l’obbligo di prestare attenzione ai comportamenti dei propri figli per cercare di modificarli e correggerli».

Quando ha sentito parlare di cyberbullismo per la prima volta? Che Idea se n’e fatto?
«L’ho trovata una forma di bullismo molto grave perché semplice da mettere in atto».

Che regole avete data ai vostri figli nell’uso di telefonini e Internet? Ponete loro dei limiti?
«Non abbiamo posto regale ferree, ma cerchiamo sempre di trasmettere i comportamenti giusti, il buon senso che deve prevalere».

(Sette – E. Vigna)



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