James Pallotta

(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese/M. Cecchini) Sotto l’Albero, forse, stavolta c’è davvero tutto: Champions, campionato e nuovo stadio. Così James Pallotta — in una lunga intervista rilasciata a «Sports Illustrated» – traccia un bilancio lusinghiero del momento della Roma, a un passo dagli ottavi in Europa e in corsa per il titolo in Serie A, lanciando un chiaro segnale: «Siamo pronti per vincere».

DA SCUDETTO – «All’inizio il nostro obiettivo era di entrare costantemente in Champions. Cosa che non è stata facile nei primi anni. Stiamo ancora provando a fare una squadra da scudetto. C’è voluto tempo per un cambiamento nella filosofia di gestione delle operazioni calcistiche. Ora stiamo diventando più tosti come squadra. Anche negli ultimi due anni eravamo abbastanza forti. Quindi sì, penso che si possa vincere lo scudetto. Abbiamo anche una gara da recuperare e siamo lì. La squadra si stia trovando sempre più a suo agio. C’è grande unione».

STADIO: È OK – Pallotta fa anche un po’ di autocritica: «Penso che abbiamo fatto delle cose davvero buone negli ultimi 3-4 anni, e altre che invece non lo erano. Avevamo molto da imparare, ma ci stiamo arrivando. E credo che venerdì (oggi, ndr) avremo l’approvazione e l’annuncio per lo stadio dalla Regione. Potrebbe essere un bel regalo di Natale». Proprio vero. La Conferenza dei Servizi, in programma oggi, potrebbe dare il via libera allo stadio con alcune lievi prescrizioni, ma senza la costruzione di quello che sembrava fondamentale per il deflusso del traffico: il Ponte di Traiano, sancendo la vittoria piena della Giunta Raggi e della Roma, che già nel 2018 potrebbe cominciare a costruire, sperando di giocarvi a partire dalla stagione 2020-21.

DIFRA E MONCHI SUPER – Tornando al calcio giocato, Pallotta elogia il progetto giovani, così come il lavoro di Di Francesco e Monchi: «Abbiamo fatto dei cambiamenti nel nostro scouting. Non so se mi sbaglio, ma sono abbastanza sicuro che siamo i sesti in Europa tra quelli che forniscono più talenti alle altre squadre. Continuando così, potremmo avere 5-6 ragazzi l’anno da mandare in prima squadra. Monchi si è dimostrato come me l’aspettavo, anzi forse meglio. Di Francesco? Ci è piaciuto il modo in cui ragionava, e poi conosceva l’ambiente. Credo che sia cambiato, è molto più flessibile. Quando abbiamo parlato con lui in estate, ha detto: “Questo è il mio stile di gioco”. Poi nel giro di un paio di partite abbiamo visto gli aggiustamenti che ha fatto. Le rotazioni sono ottime». I titoli di coda sono sulla sua lontananza: «Non è che mi dispiacerebbe stare con la squadra, so che gente e stampa dicono: “Non è a Roma, è un presidente assente”. Ma questo è lontano dalla realtà, perché io da Boston sto lavorando su tantissime cose». Con l’ottimismo dei giorni migliori.

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