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Rassegna stampa

Modulo e testa: De Rossi trasforma la sua Roma 

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AS ROMA NEWS DE ROSSI «Se siamo contenti perché abbiamo giocato una buona partita che abbiamo perso, significa allora che la direzione è la mediocrità e non possiamo permettercelo». Daniele De Rossi raramente ha sbagliato una parola da giocatore e da capitano, di certo fin qui non ha sbagliato neanche una dichiarazione da allenatore della Roma, scrive il Corriere dello Sport.

Una comunicazione perfetta per indicare quella che deve essere la strada della sua squadra in questo frenetico percorso tra campionato e coppe, ma efficace anche per analizzare le prestazioni dei suoi, le basi da cui ripartire dopo il ko contro l’Inter e quali aspetti invece vanno migliorati per evitare altri ribaltoni di risultato come accaduto con la squadra di Inzaghi.

Ad esempio l’approccio al secondo tempo, quando nei primi quindici minuti è arrivato il gol di Thuram e l’autogol di Angeliño, ma anche altri dieci gol tra campionato e coppe. Un terzo di quelli subuti in stagione: tanti, troppi. DDR però da quando è arrivato ha cercato di approcciare ai suoi giocatori in maniera diversa, rendendoli consapevoli delle proprie qualità, delle difficoltà che loro possono creare alle altre squadre e non soltanto come proteggersi invece dalle proprie debolezze. Ergo: difesa a quattro, quella che per Mourinho difficilmente poteva mascherare i problemi di costruzione della squadra, le carenze tecniche e le tante assenze a cui è stato costretto a far fronte lo Special One

De Rossi ha intrapreso il percorso del 4-3-3, ha dato fiducia e forza ai suoi con l’intenzione di responsabilizzarli e renderli consapevoli delle proprie capacità: «Questa partita è stata alla pari, con momenti per loro e per noi. Sono orgoglioso della partita e dell’atteggiamento dei ragazzi, non perché sono scarsi ma perché hanno fatto una partita da giocatori veri. È la strada giusta». Insomma, al netto degli errori individuali di determinati giocatori e della partita negativa di altri, De Rossi ha preferito dare una carezza a tutti aspettando poi ieri, alla ripresa degli allenamenti, per analizzare i momenti della gara.

Zero bastone, solo carota. Come ha fatto anche con Lukaku, tra i peggiori sabato sera: «Tanto facile dare la colpa solo ad un giocatore. Gli episodi nel calcio sono tutto. Le partite si vincono tutti insieme, abbiamo abbassato il livello nella prima parte del secondo tempo, me compreso. Se lo fai contro squadre minori non la perdi, con l’Inter sì. Se volete cercare il colpevole non sono adatto a questo». Così come è adatto agli elogi dopo una sconfitta: «Sono figlio di Spalletti, quando ci facevano i complimenti anche se perdevamo non li accettava»

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Ha accettato invece un compromesso tattico, per non snaturare la squadra dall’idea di calcio studiata negli ultimi venti giorni – quindi il 4-3-3 – ma con l’umiltà di difendere con cinque uomini per frenare sia le avanzate degli esterni nerazzurri che, naturalmente, quelle dei due attaccanti. Per un tempo e mezzo ci è riuscito, per quel quarto d’ora fatale invece la Roma non è riuscita a difendere compatta e con la stessa intensità vista nel resto della gara. Però di fatto la mossa di difendere a cinque con Angeliño più stretto a Mancini e Huijsen, e naturalmente la partecipazione di El Shaarawy sulla fascia, è stata efficace e ha sorpreso l’Inter

FOTO: Credit by Depositphotos.com

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