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Rassegna stampa

Stadio Roma, anche Di Maio “contro” Berdini: “C’è la volontà politica, sì agli impianti delle due squadre”

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Luigi Di Maio, vice presidente della Camera e membro del direttorio del M5S, si è espresso ieri sullo stadio della Roma, tema che ha generato il primo corto circuito istituzionale dopo l’elezione a sindaco della Raggi. «Sullo stadio della Roma, l’assessore in pectore Berdini ha già dichiarato che è stato frainteso, c’è la volontà politica di farlo, così come quello della Lazio». Cosa manca al definitivo sì dunque? C’è stadio e stadio, comunque, anche se la volontà politica di lasciar costruire impianti nuovi, patrimonialmente rilevanti e per l’indotto, è il cappello sotto cui Roma e Lazio si trovano riunite. Ma se la volontà politica c’è, come ha detto Di Maio cancellando di fatto la linea intransigente di Paolo Berdini, il pubblico interesse dell’opera ideata dalla Roma pure, e il nullaosta al progetto giallorosso è nero su bianco nelle analisi delle due giunte che hanno preceduto quella ancora in pectore di Virginia Raggi, cosa manca al via libera definitivo? Lo stadio della Lazio per ora è pura teoria, l’area identificata da Lotito sulla Tiberina ha vincoli ad oggi insormontabili, ma le condizioni non sono così lontane dall’area di Tor di Valle dove è stato progettato l’impianto della Roma — «Faremo un appello ai costruttori di questa città, di cercare alternative a quella scellerata localizzazione che porterà a Roma solo danni», le parole “travisate” di Berdini.

E questo fa di Lotito uno spettatore interessato al percorso romanista. Che, invece, è in stato avanzato tanto che il club, viste le premesse pre-ballottaggio, ha ventilato cause milionarie in caso di no del Campidoglio per avere ristoro dei 60 milioni per lo studio di fattibilità e il super plastico. Ripulendo dalle ovvietà (non ovvie) la questione, cioè che qualsiasi impianto sotto qualsiasi giunta al governo dovrebbe essere tirato su a norma di legge e nel totale rispetto di ambiente e cittadini, da ieri si è aperta ufficialmente la fase del compromesso tra chi deve decidere e chi deve costruire. Cioè: il nodo non è più il cosa, ma il come. Oggi il nullaosta può essere brandito contro gli eccessi a cui Berdini, prima di essere rimesso a posto dal M5S, si riferiva: le cubature.

(Corriere della Sera – A. Arzilli)



FOTO: Credit by Depositphotos.com

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