(Adnkronos) – Il caso di Antonio Russo che, a 87 anni, sta scontando in carcere una condanna è al centro di una lettera aperta che l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e Fabio Falbo, entrambi detenuti a Rebibbia, hanno scritto al ministro della Giustizia Carlo Nordio e al presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma Marina Finiti. "Ci rivolgiamo a voi per raccontare un caso esemplare di una realtà che grida giustizia e che interroga profondamente la nostra coscienza civile e costituzionale – scrivono Alemanno e Falbo – quella delle persone detenute ultrasettantenni, i cosiddetti 'nonnetti' rinchiusi nelle carceri italiane, come nel nostro reparto G8 Rebibbia, dove ci sono cinque detenuti oltre o prossimi agli ottant'anni". Alemanno e Falbo ripercorrono la storia di Antonio Russo, "in carcere dal 2022 per una condanna definitiva a 12 anni di reclusione per un omicidio commesso nell'anno 2018".  E sostengono che "nel corso dei tre anni di detenzione fino a ora sopportati le condizioni di salute di Antonio Russo sono nettamente peggiorate" ma sottolineano che è stata rigettata la richiesta dei domiciliari perché secondo il Tribunale di sorveglianza di Roma "nella relazione sanitaria del 14 aprile 2025 della Asl Roma 2" si dà atto che gli sono "garantite in carcere le cure di cui necessita" e per questo motivo "oltre che per una 'pericolosità sociale che non deve comunque essere sottovalutata'" viene rigettata la richiesta. Questo, osservano l'ex sindaco e l'altro detenuto, "nonostante la Corte Costituzionale con sentenza 56/2021 abbia stabilito che i condannati che hanno più di 70 anni possono beneficiare della detenzione domiciliare". "Quale funzione rieducativa può avere la pena per chi ha 90 anni? – chiedono Alemanno e Falbo – Quale pericolosità sociale può rappresentare un uomo che fatica a camminare, che ha bisogno di assistenza per le proprie cure quotidiane?". "La nostra Costituzione, all'articolo 27, afferma che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato – sottolineano Alemanno e Falbo nella lettera a Nordio e Finiti – Ma come può esserci rieducazione quando la pena diventa solo afflizione per una persona al termine della sua vita? Quando il carcere si trasforma in un luogo di sofferenza fisica e psicologica, incapace di garantire cure adeguate, assistenza, umanità? È giusto ignorare che l'età avanzata, da sola, costituisce una condizione di fragilità e vulnerabilità? Il legislatore ha già riconosciuto, in via teorica, la presunzione relativa di incompatibilità tra carcere e età avanzata, prevedendo misure alternative per gli ultrasettantenni". "Ma nella pratica, tutto è affidato alla discrezionalità del giudice, generando disparità e ingiustizie – concludono – Non si tratta di negare la giustizia, ma di renderla umana, proporzionata, costituzionale. Facciamo appello a voi, ministro ed presidente, perché nessun altro 'nonnetto', a cominciare da Antonio Russo, debba morire solo, malato e dimenticato in una cella. Perché la Costituzione non resti lettera morta, ma viva nei volti e nelle storie di chi oggi chiede solo un po' di umanità".  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)



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