Tiago Pinto

AS ROMA NEWS CONFERENZA TIAGO PINTO – A settembre arriva la verità di Tiago Pinto. Il gm della Roma rispetto al passato, è diverso: non è invecchiato, come magari mostra qualche meme “prima e dopo” che fa sorridere anche lui, ma ha imparato a dosare frecciatine e stoccate, verità e bugie, spiegazioni tecniche e risposte accuratamente non date, scrive il Corriere dello Sport.

Prima di volare in Portogallo in vacanza, parla a Trigoria per oltre un’ora e ci tiene a ribadire alcuni concetti: i rinnovi (Mourinho, Dybala e anche se stesso) si affrontano solo in privato; gli obiettivi economici sono stati centrati, ha fiducia che vengano centrati anche quelli sportivi perché «l’ambizione mia e della società, da sempre, è quella di arrivare in Champions»; pensa di aver creato una squadra migliore dello scorso anno; sa bene che senza disponibilità economica il mercato dei prestiti è pieno di incognite, ma confida di essere riuscito a piazzare i colpi giusti. A farli rendere, e a metterli a posto fisicamente, ci penserà Mourinho, ma Pinto è convinto che la strada sia quella giusta.

E lo racconta quando parla di Renato Sanches: «È la mia ossessione. Volevo prenderlo al Benfica e non ci sono riuscito, ci ho riprovato qui e non ce l’ho fatta. Ha avuto dei problemi in passato, se li avrà in futuro sarà colpa mia. Ma con questo staff e con questo allenatore siamo capaci di farlo rendere al meglio e se giocherà un certo numero di partite dovremo acquistarlo. Se le cose vanno bene siamo tutti contenti, se vanno male il responsabile sono io perché consapevole dei rischi». Rischi è una parola che ritorna spesso nella conferenza di Pinto perché un mercato così, senza giocatori acquistati e con tante incognite fisiche, lo è davvero.

A maggior ragione con un allenatore come Mourinho in scadenza e un giocatore come Dybala che si aspetta un nuovo contratto: «Ne parleremo nelle sedi opportune. Quello che conta è che adesso siamo tutti carichi e motivati. Tra me e José non c’è contrapposizione, ci diciamo le cose apertamente. Su Paulo ho sentito parlare della clausola e della paura di perderlo, la realtà è che l’anno scorso è arrivato e questo è rimasto. Godiamocelo».

Pinto glissa sul rinnovo diretto, così come glissa quando gli viene chiesto se il mercato in uscita della Roma sia davvero chiuso anche se ci sono altri paesi in cui è ancora aperto. Decisamente più espansivo è quando parla del Fair Play finanziario: «Per il settlement agreement dobbiamo spendere il 70% dei ricavi. Poi c’è il transfer balance che fa il monitoraggio dei giocatori che sono nella lista Uefa da un anno all’altro e fa il bilanciamento tra i giocatori che entrano e quelli che vanno via. È difficile avere una squadre più forti riequilibrando il monte ingaggi». Per questo motivo non sono arrivati Scamacca e Frattesi (di cui Pinto parla benissimo) mentre Zapata non è arrivato per incomprensioni con l’Atalanta: «Ma non mi sentirete mai dire qualcosa. Il mercato è così».

Il mercato non finisce mai e quindi ecco altre pillole della conferenza: la Roma insiste per Marcos Leonardo a gennaio, Pinto ha fiducia in Rui Patricio e non ha mai cercato un altro portiere, non vuole perdere tempo a parlare di Matic anche perché al suo posto è arrivato Paredes. Su Lukaku spiega: «Non posso dire che tre mesi fa stavo parlando con lui. Non potevamo prenderlo a luglio e giugno. In questi casi devi monitorare tutto e sfruttare l’opportunità. Ed è quello che è successo. L’intervento di Mourinho è stato determinante per il rapporto che hanno. Non vorrei dimenticare il coinvolgimento personale dei Friedkin. Penso che tutti i tifosi della Roma siano felici di avere il 28 agosto Lukaku, piuttosto che “Tonino” il primo luglio».

E lui, Tiago, è soddisfatto? «Credo si possa sempre fare meglio, ma credo anche che la squadra abbia più soluzioni. Con tutto il rispetto per la Roma, i suoi tifosi e la città, noi non siamo il Manchester City. Potevo anche voler prendere Rice, ma dobbiamo sapere la realtà. E probabilmente se qui ci fosse stato il City su questa sedia non ci sarei stato io, ma uno migliore di me».



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