La security di Palazzo Ferrajoli si taglia con un grissino, come quella vecchia pubblicità . Ma per una volta, una gioia. Quella di Alessandro, ragazzo romano, tatuaggi più o meno ovunque, segni particolare una maglia del Leicester. Si presenta in anticipo, a piazza Colonna. Ma Claudio Ranieri involontariamente dribbla ed entra nel palazzo. Non sia mai. Alessandro piazza uno scatto e raggiunge il mister: «La prego, un autografo, una foto». Claudio si gira, sorride, esegue. E Alessandro: «Ehi, dilly ding, dilly dong, we are in Champions League». Ranieri si volta e sussurra: «Mamma mia che guaio ho combinato vincendo la Premier». Ecco cosa ha combinato: che passa i giorni a ricevere i premi. Il «Liedholm» due giorni fa, oggi la laurea honoris causa a Perugia, ieri il «Mecenate dello sport» per aver valorizzato il brand Italia, 90 milioni di euro è la cifra stimata: «Eh sì, in Inghilterra è aumentata pure l’importazione del prosecco…».
RICORDI – Risate e un po’ di commozione, Roma ieri mattina s’è gustata questo Ranieri qui, nel portone a fianco del Roma store. S’è gustata un altro tifoso che al tecnico mette sotto il naso una foto del Claudio ragazzo nella squadra dell’oratorio San Saba: «Avrò avuto 14 anni, ero un portiere…quando si perdeva nessuno voleva stare in porta e a rotazione è toccato pure a me. Me la regala questa foto?». Fatto, in tasca. Ranieri oggi è uomo copertina. «In Inghilterra mi hanno offerto il ruolo di testimonial per una birra ma ho detto no, non mi sembrava giusto associare il nome di uno sportivo a quella bevanda». Il messaggio alla Nazionale che chiude un accordo con un’agenzia di scommesse è servito. E ancora, guardando i palazzi dall’altra parte della piazza: «La politica rilanci il calcio italiano, altrimenti gli altri continueranno a volare e noi resteremo fermi». Il riferimento è al modello inglese, «dove ci sono regole ferree. Il mio Leicester, per la forza economica che ha, potrebbe comprare pure Ronaldo, ma per rispettare i parametri della federazione non potrebbe pagare lo stipendio del portoghese. Ecco, lì funziona così e stop. In Italia invece lavora gente squalificata…io divento matto!».
FRANCESCO MONUMENTO – Matto ha rischiato di diventare per la Roma: andò via con i capelli dritti pochi mesi dopo aver sfiorato uno scudetto. «Ma Spalletti sa cosa fare, conosce bene l’ambiente. E la Roma, come il Napoli, proverà a dar fastidio alla Juve, che pure in Italia è di un altro pianeta». Altro pianeta come Totti. E lui, Claudio, un pensiero per portarlo a Leicester l’aveva fatto: «Ma no, non è vero…qui a Roma c’è il Colosseo, San Pietro e poi c’è Francesco. Ha recepito il messaggio di Spalletti. Se sta così bene, perché smettere? Con la sua qualità può giocare ancora a lungo». Non fino al 2024, quando la Capitale avrebbe potuto ospitare le Olimpiadi: «Da romano all’estero dico che abbiamo fatto una brutta figura, non si può non avere fiducia nei nostri imprenditori per qualche debito lasciato nel passato». Nel suo futuro, chissà , potrebbe esserci nuovamente l’Italia: «Tornare? Ho un contratto di altri 4 anni lì, ma nel calcio mai dire mai». Lì sta da Dio, meglio di quanto se la passi Conte con il Chelsea: «Ho parlato con lui, sta provando a imporre i suoi metodi. Io invece mi adattai. Pensate, con me c’era gente che si allenava ma viveva a Londra e a Manchester: così, finita la seduta, 200 km per tornare a casa e via. Ho accettato per il bene del gruppo». Ed è iniziata la favola, dilly ding, dilly dong.
(Gazzetta dello Sport – D. Stoppini)
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