(Il Tempo – A. Austini) Tutto si può dire agli americani, tranne che non stiano mettendo soldi nella Roma. Per la seconda volta in tre anni, la società vara un aumento di capitale: dopo quello da 100 milioni di euro del 2014, ieri il cda del club giallorosso ha chiesto all’assemblea dei soci- convocata per il prossimo 26 ottobre – di approvare una nuova ricapitalizzazione per un ammontare massimo di 120 milioni. Gran parte dei soldi, in realtà , sono già entrati in cassa, visto che nell’ultimo anno Pallotta & Co. hanno girato all’As Roma 86 milioni di euro sotto forma di versamenti in conto futuro aumento di capitale. Ora si passa un’operazione per certi versi obbligata, grazie alla quale i finanziamenti della proprietà verranno convertiti in capitale, dando maggiore stabilità a un club ancora troppo legato ai ricavi dei diritti tv e che aspetta l’approvazione definitiva del progetto stadio per costruire un futuro più ambizioso. «Altrimenti – ha minacciato ultimamente Pallotta – dovrà farlo qualcuno al posto mio». Nella prima settimana di ottobre il cda dovrà approvare il progetto di bilancio da sottoporre poi alla stessa assemblea e le previsioni sono in linea con l’ultimo esercizio chiuso al 30 giugno 2016 con un «rosso» di circa 14 milioni (dato bilancio consolidato).
È vero che la Roma entro lo scorso giugno ha realizzato plusvalenze d’oro con Salah, Rudiger e Paredes ma quei soldi sono andati a compensare i mancati ricavi dalla Champions a cui la squadra non ha partecipato nella passata stagione dopo il ko col Porto. Il solo fatto che Pallotta e i suoi partner abbiano poi dovuto «prestare» 86 milioni alla società , fa capire come la Roma non riesca ad autofinanziarsi. Il prossimo aumento di capitale non dovrebbe coincidere con l’ingresso di alcun nuovo socio, anche se le porte restano aperte a chiunque voglia investire sul progetto giallorosso. Non è in programma neppure un’imminente uscita dalla Borsa: Pallotta sarebbe obbligato per legge a lanciare l’Opa solo se dopo la prossima ricapitalizzazione salisse sopra al 90% delle quote societarie, ma non sembrano queste le prospettive. I dirigenti si aspettano una risposta in linea col precedente aumento di capitale, dove anche le poche nuove azioni «inoptate» (meno del 2%) furono poi vendute sul mercato. Al momento la Neep degli americani, da cui è uscita Unicredit, contolla il 78.038% di As Roma, mentre il resto è quotato a Piazza Affari.
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