La stretta di mano scambiata con la sindaca Virginia Raggi domenica all’Olimpico, prima dell’addio di capitan Totti alla Roma, non deve essere bastata al presidente giallorosso James Pallotta. Almeno a giudicare dall’ultimatum lanciato alla fine di una giornata che resterà scolpita nella storia della città: «Lo stadio? Dovrebbe essere pronto nel 2020 e, se non sarà così, ci sarà un nuovo proprietario». La prima (fallimentare) conferenza dei servizi, un iter vissuto a ritmi da thriller e i quotidiani salti mortali per evitare la fuga degli investitori che dovrebbero rendere realtà il sogno di Tor di Valle hanno esasperato il patron statunitense. Tanto da spingerlo a minacciare l’addio al club di Trigoria in caso di ulteriori ritardi su un progetto faticosamente rimodulato. Rivisto proprio per far felice quel Campidoglio grillino che ancora, però, deve approvarlo. Con le parole del proprietario della Roma a ronzare nelle orecchie, a fissare la road map ieri è stato il numero uno dell’assemblea capitolina Marcello De Vito. Giallorosso fino al midollo, il presidente dell’aula Giulio Cesare ha dettato la linea: «La delibera sullo stadio arriverà in consiglio tra il 12 e il 18 giugno. L’obiettivo è approvarla intorno al 15 giugno». Date di massima che, però, spaventano la Roma e la Eurnova di Luca Parnasi, che ieri ha incontrato il dg giallorosso Mauro Baldissoni allo studio Tonucci: la votazione deve arrivare prima del 15 giugno, non un attimo dopo. Altrimenti addio a Tor di Valle.

Un’ipotesi che spaventa il Comune. Perdere lo stadio equivarrebbe a perdere decine, forse centinaia, di migliaia di voti. Ecco, allora, una tabella di marcia decisamente più rassicurante: la delibera di pubblica utilità sulla nuova arena dei giallorossi, assicurano da Palazzo Senatorio, approderà in giunta tra l’8 e il 9 giugno e il 13, al massimo il 14 in aula Giulio Cesare. A quel punto via alla consultazione in consiglio, con il rebus della tenuta della maggioranza M5S. Tra i 29 consiglieri ce ne sono almeno tre in aperto contrasto con il «cemento» alla periferia Sud della capitale. Ed è per questo che oggi l’assessore all’Urbanistica Luca Montuori presenterà il masterplan alle opposizioni. Ogni voto può essere decisivo per sopperire a possibili assenze tattiche dei grillini ortodossi.

Nelle planimetrie che verranno mostrate a centrosinistra e centrodestra c’è anche il ponte di Traiano. È quello che congiunge lo stadio e il business park alla Roma-Fiumicino. Lo svincolo, decisivo per avere il via libera dalla prefettura, ad oggi non è però previsto nel pacchetto di opere pubbliche a carico dei privati. Poco importa: il Comune confida che alla fine i proponenti saranno costretti a realizzarlo, spendendo altri 95 milioni per non rinunciare a tutto l’investimento. Fondi privati, perché quelli già stanziati dal Cipe per il ponte dei Congressi, progetto bloccato, non possono infatti essere spostati su quello di Traiano. Dei ponti si riparlerà nella nuova conferenza dei servizi. Per ora, però, almeno per il Campidoglio, la palla passa ai privati.

(La Repubblica – L. D’Albergo)



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